Uno sciopero unitario per far sentire compatti le loro ragioni. E' quello organizzato dai sindacati Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, in calendario martedì 25 marzo tra le 11 e le 14, che
Uno sciopero unitario per far sentire compatti le loro ragioni. E' quello organizzato dai sindacati Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, in calendario martedì 25 marzo tra le 11 e le 14, che interesserà i lavoratori della Dierre, leader mondiale nella produzione di porte blindate, porte per interni e chiusure di sicurezza. In programma l'assemblea fuori dai cancelli per informare i lavoratori su quanto emerso dal vertice aziendale tenutosi martedì, cui hanno preso parte i sindacalisti appartenenti alle tre sigle.
«L'azienda ?- commenta Claudio Chierchiello (Fiom Cgil) – deve tornare sui propri passi e aprirsi al dialogo, per venire incontro alle richieste che facciamo per conto dei lavoratori. Questi ultimi si vedono applicare, ormai da sei anni, vari tipi di ammortizzatori sociali – dalla cassa integrazione ordinaria a quella straordinaria, per arrivare agli attuali contratti di solidarietà, "in funzione" ormai da tre anni ? con conseguente diminuzione degli stipendi. Dall'inizio dell'annoabbiamo posto "sul piatto" alcune questioni importanti da discutere, ma non abbiamo ottenuto le risposte che ci aspettavamo. Primo, il timore della delocalizzazione della produzioni. L'azienda continua a negarlo, ma i lavoratori ci dicono che in alcuni casi le porte blindate sono realizzate solo in minima parte a Villanova mentre il grosso della lavorazione si attua all'estero, in Portogallo».
«Secondo – prosegue -, il fatto che la proprietà ha affermato di aver bisogno di un aumento dei contratti di solidarietà dal 40% al 60% a livello individuale. Provvedimento che diminuirebbe ancora lo stipendio, mettendo in seria difficoltà i lavoratori che non riuscirebbero a far fronte alle spese ordinarie che gravano ormai sulle famiglie. Terzo, il fatto che l'azienda non anticipa il 70% dei contratti di solidarietà, come previsto, ma solo il 60%, rimandando il 10% alla pubblicazione del decreto ministeriale, che avviene diversi mesi più tardi. Noi chiediamo, invece, che l'anticipo sia completo, ovviamente per le stesse motivazione sopra citate. Anche perché per l'azienda comporterebbe un esborso minimo rispetto al fatturato».
Questi argomenti erano stati citati dai sindacati già nelle scorse settimane, anche in occasione di un incontro istituzionale in Municipio, convocato dal sindaco Valter Giordano. «In Comune ? ricorda Chierchiello ? l'azienda aveva assicurato che non erano in programma esuberi né licenziamenti, visto che in occasione degli incontri istituzionali si affronta principalmente questa tipologia di questione. Elemento positivo, ma non basta. I lavoratori non possono subire un aumento di ammortizzatori sociali perché finora hanno già pagato duramente la crisi economica».
Interpellata in merito, l'azienda risponde tramite Cesare Manganelli, direttore della Confapi di Alessandria e funzionario dell'azienda sulle questioni sindacali dalla fine degli anni Novanta. «Per quanto riguarda i timori relativi alla delocalizzione – afferma – la questione è da rovesciare di 180°. Durante l'incontro i sindacati hanno espresso timori per la produzione nello stabilimento in Portogallo, preoccupati che possa "togliere lavoro" a aquelli astigiani. In realtà è il contrario. In quella fabbrica, che peraltro esiste da anni, si attua una produzione propedeutica e utile a quella astigiana».
Per quanto riguarda, poi, la diminuzione degli anticipi, ricorda che «la diminuzione dal 70 al 60% è un effetto "a cascata" della modifica della Legge di stabilità», per poi ricordare lo sforzo dell'azienda di pagare gli anticipi, «una scelta fatta per andare incontro ai lavoratori». Infine risponde sulla questione degli aumenti dei contratti di solidarietà: «E' solo una "misura cautelare anticatastrofe" – afferma – una richiesta da attuare eventualmente solo nel caso in cui si verificassero, in futuro, peggioramenti pesanti della situazione economica, quindi per casi eccezionali».
L'azienda era anche intervenuta nelle scorse settimane, dopo l'incontro in Municipio, per rassicurare anche sulla situazione occupazionale, affermando che non ci saranno licenziamenti né esuberi («un elemento di fondamentale importanza vista la crisi economica che grava sul Paese», sottolinea Manganelli), inquadrando poi questo concetto nell'ambito della congiuntura economica attuale. «Ha ragione – spiega Vincenzo De Robertis, presidente e fondatore dell'azienda – chi dice che una crisi che si protrae dal 2008 non è più solo un "momento", una flessione a cui segue endemicamente una risalita: è invece il segnale di un cambiamento profondo che coinvolge tutti: produttori, lavoratori e consumatori. Noi stessi procediamo riallineando di volta in volta scelte e strategie, cerchiamo di cogliere dei segnali dai diversi mercati e di adattarci per garantire la sopravvivenza alle nostre aziende e ai posti di lavoro che stiamo cercando di tutelare».
Elisa Ferrando